Viaggio nel Mito di Capri
Soggetto, sceneggiatura, musica e regia di Lina Mangiacapre
Scritto nel 1992 è un percorso poetico per mare e terra attraverso
Capri, memoria, oltre il tempo, che gli scogli accesi dalla luce
spettrale della luna, riportano. Il tempo è giocato dal mito,
ingoiato da maree che ritornano con la voce eterna della musica
delle Sirene. Proserpina è rubata a Plutone nella grande illusione
di un cerchio mai infranto.
“Voglio restituire al mito la vita, la linfa, perché ritengo che
solo nell’attingere alle radici si possa prendere la forza per
lottare e tale recupero delle origini è possibile ed auspicabile
solo attraverso il riscatto del mito e della bellezza. Si deve
vivere per la bellezza e la felicità, per la libertà: il recupero
dell’armonia potrebbe far saltare i limiti, gli sfruttamenti, le
deturpazioni del mondo. Nell’andare oltre il tempo, verso il
passato, si può trovare l’energia per proiettarsi nel futuro. Il
mito, lo insegnava Kereny, è sempre contemporaneo e muove le
radici dei popoli. Non esiste una realtà senza mito. Capri ne è la
culla, per sua natura”.
Rassegna
Singolare iniziativa culturale: ne abbiamo parlato con
l’ideatrice, Lina Mangiacapre
Capri – La Cooperativa “Le Tre Ghinee” – Nemesiache, in
collaborazione con la Capri 2000, che ne cura l’organizzazione,
propone, mercoledì prossimo, l’azione teatralizzata di Lina
Mangiacapre “Viaggio nei luoghi del Mito” – L’Isola delle Sirene”.
Un percorso poetico per mare e terra attraverso Capri, memoria,
oltre il tempo, che gli scogli accesi dalla luce spettrale della
luna, riportano.
Il tempo è giocato dal mito, ingoiato da maree che ritornano con
la voce eterna della musica delle Sirene. Proserpina è rubata a
Plutone nella grande illusione di un cerchio mai infranto.
Per saperne di più abbiamo rivolto alcune domande all’ideatrice,
Lina Mangiacapre.
Perché questo nome? Cos’ è per te il mito?
“La forza eterna che non teme cambiamenti di spazio tempo. Capri!
Proserpina è colei che rapita ha dimenticato la sua origine, le
sue radici, quella che si vuole imporre alla nostra mente e alla
nostra immaginazione è situata nella nebbia del nord quasi
contrapposta alla mediterraneità di cui è il simbolo, lei
attraverso un furto e una violenza viene sottratta alla luce ma
diventa ponte. Capri nella memoria del mito appare come l’origine
del sogno di Didone quel desiderio realizzato di riunire due
continenti ostili, due mari nemici, popoli in guerra per un
rapimento e un tradimento mai superato. Ed ora Proserpina sogna la
sua unità come oblio delle sue origini, ma noi ritrovando il mito
troviamo il senso della nostra lotta oggi per essere in Capri come
Mediterraneo, il mare separa ma nella memoria delle origini
unisce. Mito come forza e significanza di scelte di forme
d’identità che non vogliono essere confuse o cancellate per
ridurre immagini e vuoti concetti da utilizzare per un’assurda
omologazione del sud a nord, Rileggere il Mito Capri per trovare
le immagini chiave che dicano nella loro forza quale strada
percorrere nella ricerca e quale forma nella lotta”.
Come farai rivivere il mito?
“La ricerca dei luoghi necessita anche di ricostruire il mito
attraverso il rito, una metodologia non esterna ma che utilizza il
metodo teatrale, da me creato, della “Psicofavola”: rimettere al
mondo il mito con la propria fisicità a partire da sé, ritrovare
le proprie radici al di là del tempo e dello spazio nel vuoto di
una macchina circolare in cui tutto è possibile; la ricerca del
santo Graal come qualunque impresa degli eroi ed amazzoni era
compiuta perché impossibile, è la sfida faustiana contro il
limite. L’incontro tra le divinità e gli esseri umani era mediato
dagli eroi che rompevano il limite…. La ricerca non avrà mai fine
ma le varie tappe saranno oltre che storicizzate dalla nostra
memoria, espresse con delle pubblicazioni, concerti, video,
teatralizzazione, danza, filmati.
Questa è la prima tappa, continuerà dopo il suicidio di Partenope,
nel suo rifugio a Napoli nell’incontro tra Capri e Napoli e nel
rituale delle lampadiche.
Ma tutto l’anno a Capri il “Viaggio nel mito”sarà un laboratorio
ininterrotto.
E poi da Capri riattraversare il Mediterraneo con una barca per
riportare in Fenicia Europa. Una barca delle compagne di Europa
che si lanciano alla sua ricerca e la riportano felici ancora a
giocare insieme sulle rive di Tiro.
Alla fine del mio film “Didone non è morta”, Anchise dice ad Enea
“..non c’è futuro per l’Italia se non sarà infranta la maledizione
di Didone” – aggiungo – “ e se non sarà ricongiunta Europa alle
sue radici”.
Pertanto una ricerca dei miti del passato?
“Non a caso il mio gruppo creato a Napoli si chiama “Le
Nemesiache”, e io stessa mi nomino “Nemesi”. Voglio restituire al
mito la vita, la linfa, perché ritengo che solo nell’attingere
alle radici si possa prendere la forza per lottare, e tale
recupero delle origini è possibile ed auspicabile solo attraverso
il riscatto del mito e della bellezza. Si deve vivere per la
bellezza e la felicità, per la libertà: il recupero dell’armonia
potrebbe far saltare i limiti, gli sfruttamenti, le deturpazioni
del mondo. Nell’andare oltre il tempo, verso il passato, si può
trovare l’energia per proiettarsi nel futuro.
Il mito, lo insegnava Kereny, è sempre contemporaneo, e muove le
radici dei popoli. Non esiste una realtà senza mito.
Capri ne è la culla, per sua natura”.
Fino a che punto riguarda l’ottica femminile?
“E’ un discorso che non esclude nessuno in quanto in ogni creatura
c’è la forza dell’indiviso, quell’energia originaria che permette
la ribellione e la riaffermazione della vita. In tale ottica, il
movimento femminista ha un’anonima androgina: le donne si sono
ribellate, e continuano a farlo contro il freno di un’identità
cosiddetta scientifica, con la quale si voleva definirle, ridurle.
Nella loro rivolta riprendono il loro essere androgino, la loro
totalità, senza fermarsi a un’individualità spezzata. La fragilità
de genere umano consiste nel limitarsi a una sola parte di sé,
irrazionale o solo logica asettica. La funzione dell’artista è
quella invece di guardare a distanza, proprio perché è in grado di
ricordare e ritornare alle origini”.
E’ possibile insistere su chiavi di lettura?
“Certamente sì. Ma la chiave che preferisco è quella del viaggio
impossibile, non semplice, dove non mancano né amore né passione.
Il dolore in sé stesso è pathos ed è anche la stessa sostanza in
cui si può giocare o ridere e prendersi gioco del diavolo, dal
momento che si conosce il limite lo si vuole superare. E’ tensione
continua, è coraggio di attraversamento; è necessità del pensiero,
di andare oltre, necessità della vita, necessità del “viaggio nel
mito”.
Come hai scelto le/gli interpreti?
“In modo un po’ insolito. Più che guardarli in faccia ho preferito
“sentirli”. Non volevo nomi e volti noti, già manierati, sarebbe
stata la negazione di quel che volevo fare che, in sostanza,
significa “rivelazione”. Nessuna attrice e attore, dunque, con dei
connotati precisi, identificabili in partenza. Ho preferito
rivolgermi al teatro, a quello meno conosciuto e soprattutto alla
realtà del mito vissuto, esempio Vito…o l’artista di origine
lucana Giulio Lorubbio…”.
E per le musiche?
“Come per tutti i miei spettacoli teatrali e films saranno
utilizzate registrazioni di alcuni miei concerti realizzati con il
mio gruppo.
Questa musica è fusione di strumenti classici ed elettronici, l’ho
definita “musica Sirena”. Nasce dalla ricerca delle origini, degli
elementi, dell’armonia delle sfere prima della lotta tra muse e
sirene in una fusione tra mito e fantascienza”.
Il “Viaggio nel mito” oltre alla pubblicazione e alla
teatralizzazione ed ai vari video di percorso, ha come obiettivo
la realizzazione di un film.
Capri – Oggi – Agosto 1992