Matilde Serao a Eleonora Duse, Lettere
Matilde Serao ed Eleonora Duse erano coetanee, Matilde nata nel 1856, Eleonora era di due anni più giovane; erano anche, come è noto, amiche e come queste lettere, finalmente pubblicate, ci documentano adesso ancor più col bel dono della decisa grafia di Matilde che scrive a Eleonora.
[…] sono costellate di una forza indomita, per cui quel “Tu stai bene: io ti ho vista stare bene”, è constatazione, imperio e augurio che Matilde rivolge a Eleonora e, in una certa maniera, anche a se stessa. […] “io, ieri sera, rientrando in casa, ancora in lacrime, ho ringraziato Iddio, perché ha permesso che io, prima di morire, ti vedessi ancora acclamata per il tuo genio e per la tua anima tenera e profonda!”.
E, se Matilde pone domande ad Eleonora con tanti energici punti interrogativi, è anche se stessa che Matilde interroga; tutti essi questi righi […] sono testimonianza di una consonanza, di un’amicizia tra pari, di un affetto autentico [...].
Matilde Serao nel 1888
foto da: Anna Banti, Matilde Serao, Torino, Unione tipografico – Editrice torinese, 1965, p. 136
Matilde Tortora, docente di Storia e Critica del Cinema, ha pubblicato Lo Schermo in tasca, libro e CD-Rom, Abramo, 1999, Auguri lunghi un secolo, Andrea Livi, 2000, Cinema Fondente, La Mongolfiera, 2001, Au Pays Noir. Film Pathé en pochette: 1903-1905, La Mongolfiera, 2002, L’opera lirica in tasca, Rubbettino, 2003, Dallo Schermo alla parola, La Mongolfiera, 2003 e assieme a Vittorio Martinelli, I Promessi Sposi nel cinema, 2004
Ha rinvenuto e curato gli inediti: Lettere di Eleonora Duse a Giovanni Papini dal 1915 al 1921, “Ariel. Rivista di Studi Pirandelliani”, 2001, Un dono di Eleonora Duse a Mary Pickford, Immagine Associazione Italiana per le Ricerche di Storia del Cinema, 2002, Lettere di Sacha Guitry e Ida Rubinstein a Eleonora Duse, Carte di Cinema, I, 2005. Collabora con Conseil du Cinéma, de la Télévision et la Communication Audiovisuelle – Unesco.
Matilde Serao al suo tavolo di lavoro
foto da: Anna Banti, Matilde Serao, Torino, Unione tipografico – Editrice torinese, 1965, p. 240
Che vita fu la sua vita, donna Matilde, e che tempi quelli del suo giornalismo! Tempi in cui le fu dato di essere dieci, cento volte più di quello che ciascuna di noi sue sbiadite epigone, oscure travet dell’informazione, talvolta osa sognare […]
Nel 1902, in studio
foto da: Album Serao, a cura di Donatella Trotta, Napoli, Fausto Fiorentino, 1991, p. 20
Come fece, dove lo trovò il tempo, in quei suoi ruggenti tempi, di conciliare, come diciamo adesso, il "pubblico" con il "privato?". E tutti quei figli, come fece a tirarli su tra una novella e un Moscone, un'inchiesta e una mondanissima "prima?". Noi stressatissime impiegate-redattrici con figlio unico affetto da sindrome da abbandono materno stupiamo nell'apprendere che ne ebbe ben quattro da don Eduardo, e che un quinto figlio le nacque dalla relazione con l'avvenente Natale. Non solo: lei, signora, decise di prendere con sé anche la bimbetta che Eduardo donnaiolo impenitente aveva avuto da una sua amica suicidatasi di lì a poco, e seppe amarla come i figli suoi.
Questo si chiama "saper vivere!".
Però ci fu una circostanza, una situazione in cui lei, donna Matilde, non fu all'altezza del suo temperamento: fu quando prese ad arrabbiarsi, ma di brutto, con i giornaletti satirici che ironizzavano sul suo conto, trovando facile materia nel suo aspetto fisico per raffigurarla truce indirizzandole lazzi proprio cattivi. Lì ci sarebbe stata bene una delle sue famose risate. E invece no, ma si sa, lei aveva un gran caratteraccio. Tanto da troncare di netto una discussione pronunciando seccamente questa frase: "Dicono che non ho cuore. Ed è vero, non ne ho. Purché mi leggano". Bella uscita, signora, ma si offende se non le crediamo?
(da: Postfazione di Titti Marrone, pp. 59-61).
Sulla terrazza, a via Monte di Dio
foto da: Album Serao, a cura di Donatella Trotta, Napoli, Fausto Fiorentino, 1991, p. 39
Matilde Serao, Perché Eleonora Duse è morta in America, in A. Banti, Matilde Serao, Torino, Unione Tipografico – Editrice Torinese, 1965, pp.337-343 [Estratto da “Il Giorno”, Napoli, 29-30 aprile1924].
[…] Eleonora Duse ha amato profondamente e sempre l’Italia. Non era soltanto un alto spirito d’italianità che palpitava, in lei, ma era un amore umile e costante del suo cuore di donna, un amore per le cose e per le persone d’Italia, amore che non conobbe mai contrasto, nella sua vita interiore che non conobbe mai oblio, nelle sue lunghe assenze, in lontane terre straniere. L’Italia, invece, non ha amato Eleonora Duse, […]
Eleonora Duse a Stoccolma o a Londra, a Mosca o a Berlino, a Madrid o al Cairo, aveva fatto delirare i pubblici stranieri, recitando in una lingua che non era la loro, ma travolgendone le anime e i cuori. Lo scettico italiano si scuoteva: pensava, diceva a se stesso, che, “forse veramente”, questa Duse “era una gran cosa” […]
Eleonora Duse in Odette (1882 ca). Fondazione Giorgio Cini
foto da: Matilde Serao a Eleonora Duse, Lettere, a cura di Matilde Tortora, postfazione di Titti Marrone, Napoli, grauseditore, 2004, p.39
È stata mai fischiata, Eleonora Duse all’estero? Mai, mai. Oltre l’ammirazione immensa, all’estero, si aveva per lei, un immenso rispetto, a volte era una venerazione, per questa creatura sublime. Chi avrebbe osato, mai, all’estero, obliare il rispetto per lei? Ma in Italia, Eleonora Duse, è stata molto fischiata: anzi fischiatissima. […]
Eleonora Duse e Matilde Serao in vacanza a St. Moritz nel 1895. Fondazione Giorgio Cini
foto da: Matilde Serao a Eleonora Duse, Lettere, a cura di Matilde Tortora, postfazione di Titti Marrone, Napoli, grauseditore, 2004, p.45
Ma dove questa donna salì il suo Calvario, in Italia, fu quando si dette col più ardente e più generoso moto del suo animo, a voler recitare il teatro di Gabriele D'Annunzio: oh quale fu il suo martirio, allora! L'Italia, in quel momento, era in istato di crudele ribellione contro il suo maggior poeta - che, poi, naturalmente, emigrò in Francia, anche lui! – e tutto di lui si discuteva, il talento, l'opera, i suoi debiti, le sue amanti. Sì, è vero, Eleonora Duse era legata di un amore forte per Gabriele D'Annunzio: e, alla sua maniera, anche D'Annunzio l'amava. Ma non era, forse, egli degno che la maggiore nostra artista, desse il suo talento, il suo sentimento, la sua arte a questa magnifìca opera di poesia? Ma la intensa fatica di arte di quest'uomo infaticabile, non era degna di questo atto di devozione e di sacrificio da parte di Eleonora Duse? Sì: così era. Ma pochi compresero l'abnegazione di questa donna, allora: pochi gliela perdonarono. E la folla fu implacabile col poeta e con lei, di tutto il teatro dannunziano, recitato da Eleonora Duse, si salvò solo la Gioconda: ma dalla Gloria alla Francesca da Rimini, che ferocia di spettatori, in tutti i teatri italiani, contro lui, contro lei, per questi drammi! Eleonora Duse aveva profuso il suo denaro per metterli su, artisticamente: e non era molto, il suo denaro, perché chi guadagna molto all'estero, sono i tenori e non le attrici drammatiche: quello che aveva, lo dette. Il risultato, fu la infame, la infamissima calunnia, che Gabriele D'Annunzio avesse portato via, alla Duse, anche il denaro. E anche il suo poeta, allora, l'abbandonò duramente, […]
Eleonora Duse (1901 ca). Fondazione Giorgio Cini
foto da: Matilde Serao a Eleonora Duse, Lettere, a cura di Matilde Tortora, postfazione di Titti Marrone, Napoli, grauseditore, 2004, p.51
Ed ecco che Eleonora Duse commette il suo errore – Signore, abbiatela in gloria! – di ritirarsi dal teatro a quarantanove anni, quando in Francia o altrove, i cinquanta anni sono il frutto maturo e saporoso dell’arte e della vita, per le attrici. Sparisce per dieci anni. Il pubblico si dimentica di lei, totalmente: molti credono che sia morta, addirittura. […] nessun veleno le fu risparmiato: e di tutto, io sentivo la tristezza e lo sgomento nella sua voce. A un tratto le si chiusero, innanzi i grandi teatri italiani, presi occupati, nolenti […]
Nessuno ha compreso o nessuno ha voluto comprendere: nessuno ha voluto far niente. Ed ella è andata a morire a Pittsburg. Adesso, è inutile seppellirla in Santa Croce. Nell’ottava della sua morte.
Eleonora Duse in Francesca da Rimini (1901). Fondazione Giorgio Cini
foto da: Matilde Serao a Eleonora Duse, Lettere, a cura di Matilde Tortora, postfazione di Titti Marrone, Napoli, grauseditore, 2004, p.54
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