A piedi nudi attraverso la Mauritania
Nel 1933, due donne della migliore borghesia francese decidono di affrontare l'avventura e, partite su un veliero bretone sbarcano sulle coste mauritane per perdersi nel deserto. Senza alcun incarico ufficiale né sovvenzioni, con pochi soldi e un bagaglio ridotto all'essenziale, percorrono migliaia di chilometri a dorso di cammello su piste sconosciute, in un paese poverissimo, tra mille pericoli, condividendo l'esistenza precaria dei nomadi e guadagnandosi la loro stima e una perenne amicizia. A piedi nudi attraverso la Mauritania è stato per anni, in Francia, un libro di culto, fonte di ispirazione per intere generazioni di viaggiatori sahariani, primo tra tutti Théodore Monod, che nutriva per l'autrice una grande ammirazione. Caduto inspiegabilmente nell'oblio, viene ora tradotto per la prima volta in italiano, restituisce al pubblico l'immagine ormai perduta di un deserto non ancora dissacrato dalle orde dell'avventura di massa, ma visto come l'ultimo rifugio della bellezza e della libertà.
(dalla quarta di copertina)
Ritratto della viaggiatrice inglese Freya Stark (1893-1993), vestita da arabo
foto da: Luisa Rossi, L'altra mappa. Esploratrici viaggiatrici geografe, Reggio Emilia, Diabasis, 2005, fig. 17 (dopo p. 61)
Che cosa può avere spinto una signora della ricca borghesia intellettuale parigina, cresciuta in un castello della Bretagna, artista figlia di artisti, con tutte le porte aperte dalle amicizie del padre, con una brillante carriera consolidata nel mondo dell'alta moda, ad abbandonare tutto per imbarcarsi in un viaggio senza scopo e senza meta tra le sabbie del più sconosciuto, impervio e inospitale dei paesi del Sahara occidentale? «Avevamo voluto un vero viaggio - il Viaggio!», scrive nel suo libro.
I viaggi di Odette du Puigaudeau fino a quel momento erano stati in mare. Aveva conseguito un brevetto nautico e aveva pubblicato reportage sulla vita di bordo su pescherecci e mercantili. Sua madre, Henriette van den Broucke, pittrice di ritratti, era belga ma originaria di Saint-Nazaire, in Bretagna, e i suoi antenati erano armatori di Nantes e marinai di Dunquerque.
Odette era nata, si potrebbe dire, con il mare nel sangue. L'irrequietezza e il bisogno di orizzonti ancora più vasti del vasto mare, le erano stati invece trasmessi dal padre, Ferdinand Loyen du Puigaudeau, uno dei più originali anche se meno conosciuti pittori della scuola di Pont-Aven, in Bretagna, nota come la "cerchia di Paul Gauguin". [...] Il mare, i trasferimenti. Una vita movimentata, mai banale. Dai genitori Odette aveva imparato a dipingere e dell'arte aveva fatto una professione: per essere indipendente dalla famiglia lavorava a Parigi come illustratrice scientifica per il Museo di Storia Naturale e per il Collegio di Francia. Ma, appena poteva, tornava in Bretagna per imbarcarsi su una nave.
Nel 1933 aveva quasi quarant'anni. I genitori erano morti, la loro fortuna dispersa. Non che Odette ne avesse bisogno. Dall'illustrazione scientifica era passata al disegno per la moda; le sue creazioni avevano avuto successo, era ormai direttrice dell'atelier di Lanvin. Fu allora che decise di cercare nuovi orizzonti. Non per un periodo di tempo definito, non per una meta precisa. L'Africa, sì, ma come punto di partenza, non di arrivo. Sbarcare su una costa e addentrarsi in un territorio che sulle carte mostrava vaste chiazze bianche di zone inesplorate anche se sicuramente già percorse, anzi, anche allora percorse da genti che avrebbero incontrato e conosciuto [. . .] L'itinerario prende forma man mano che il viaggio si snoda nella traversata del grande deserto, per più di tremila chilometri percorsi a dorso di cammello.
A piedi nudi? Sì, certo. Nessun cammello si lascerebbe guidare da qualcuno che gli appoggiasse le scarpe sul collo. [...] Al rientro in Francia, Odette pubblica i suoi diari sui giornali. Il successo è immediato e nel 1936 l'editore Plon raccoglie tutti gli articoli in un volume: Pieds nus à travers la Mauritanie, che diventa un libro di culto. Ma la vita parigina non è più per Odette.
Si susseguono le spedizioni in Africa e altre pubblicazioni che vengono accolte con favore non solo dal grande pubblico ma anche dalla comunità scientifica. L'archeologo Paul Rivet, Theodore Monod, l'abate Breil applaudono il suo lavoro, e Odette du Puigaudeau entra a far parte dell'Accademia di Francia.
Il prestigio conquistato le serve per difendere ciò che più le sta a cuore: le popolazioni maure oppresse dagli abusi del colonialismo. Durante la seconda guerra mondiale Odette è a fianco dei comunisti nella speranza patetica di salvare la cultura dei suoi fratelli nomadi dagli scempi della modernizzazione e nel sogno utopistico di dar vita a un grande stato senza frontiere dal Senegal al Draa. Finirà per essere male intesa anche dai suoi compagni di fede e dimenticata da tutti.
Negli anni sessanta si trasferisce definitivamente in Marocco con Marion, divenuta la sua compagna di vita. Morirà a novantasette anni a Rabat, alle soglie di quel deserto che considera ormai la sua patria.
(da: Prefazione di Mirella Tenderini, pp. 9-11)
Biblioteca Nazionale di Napoli, ms. VIII.D.6
Atlante idrogeografico ed astronomico
(Ms. membr., sec. XVI, mm 208x205, carta 4v-5r)
http://www.bnnonline.it
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