La lingua che ospita. Poetica, politica, traduzioni

Gruppo 2012
Autore Paola Zaccaria
Editore Meltemi, Roma
Anno 2004
Data inserimento 01/08/2012

Come mai, nonostante la globalizzazione, nonostante la diffusione di concetti come differenza, alterità, diversità, creolità, le bibliografie dei testi di filosofi, semiotici, comparatisti, femministe, soprattutto in Europa, risultano ancora oggi inevitabilmente affollate di titoli della cultura cosiddetta occidentale, svelando la mancanza di un vero e proprio dialogo con le culture e il pensiero non eurocentrici? Come mai la nostra Italia, che ormai incontra la differenza a ogni angolo di strada, ai concerti, sul lavoro, nelle stazioni, non riesce a prendere in considerazione e ancor meno a entrare in rapporto con le lingue, le culture, e i soggetti “portatori della diversità”? L’autrice intesse in queste pagine una sorta di dialogo dell’erranza con altri “viaggiatori del pensiero” e attraversatori di culture artefici di nuove costruzioni poetiche e politiche: Paul Gilroy, Gloria Anzaldúa, Rosi Braidotti, Robin Morgan, Chela Sandavol, Analouise Keating, bell hooks, Arundhati Roy, Edward Said, Jacques Derrida, Toni Morrison, Johnella Butler, Grace Paley, Noam Chomsky, Audre Lorde, Fatema Mernissi, Assia Djebar, Édouard Glissant, Don DeLillo, Suheir Hammad, Gore Vidal, Vandana Shiva… I testi presi in esame vanno dalla poesia al racconto, al romanzo, al saggio, all’articolo, anche online, ai film come Lost in translation e Matrix. La lettura coniuga studi culturali, teoria della letteratura, studi femministi e semiotici, studi sulla traduzione, e intreccia voci di donne e uomini, autori occidentali e non, seguendo tracce di diaspore, utopie di convivenze, costellazioni di democrazia vivente.

Paola Zaccaria insegna Letteratura e cultura nord-americana all’Università di Bari. Si occupa delle problematiche della rappresentazione e di teoria e critica letteraria e cinematografica. Ha pubblicato numerosi saggi su scrittrici proto-moderniste, moderniste e contemporanee, sull’ibridazione dei generi e delle arti. Tra i volumi: Virginia Woolf: trama e ordito di una scrittura (1980); Segni eretici. Scritture di donne fra autobiografia, etica e mito (1993, con P. Calefato); Mappe senza frontiere. Cartografie letterarie dal modernismo al transnazionalismo (1999). Ha curato Close up (1927-33). Antologia della prima rivista internazionale di cinema (2002), Estetica e differenza (2002) e la traduzione italiana di Terre di confine/La frontera di Gloria Anzaldúa (2000).

(dalla quarta di copertina)

Gianni Fiorito, Vasca di decantazione

Gianni Fiorito, Vasca di decantazione
foto da: Gianni Fiorito, Bagnoli. Cronaca di una trasformazione. Catalogo della mostra, Napoli, Castel dell'Ovo, marzo-aprile 2002. Milano, F. Motta, 2002, p. 58

Per mesi, stagioni, ti porti dietro, nel caos del quotidiano che non concede tregue, pensieri che ancora non hanno questo nome, un sentire aurorale del pensiero; un'enunciazione ancora trattenuta nell'in-spiro, non vocalizzata in parola, una memoria del futuro che è intrecciata a prefigurazioni del passato. Dici: appena ci sarà l'agio del tempo che scorre d'accordo con me e non contro di me voglio riflettere su questo, e magari scriverne, sapendo per esperienza che solo scrivendone il sentire si distende in pensiero e si adagia in visione. Dici: appena ho tregua, voglio affrontare questa cosa che sento sempre più pressantemente come la cosa di questi nostri tempi. Voglio guardare in faccia questo tomento che mi arrovella mentre ascolto il mio tempo, mentre mi s'impone di prendere conoscenza di guerre e conflitti già in atto, ma anche mentre assisto impotente, o mentre sono addirittura coinvolta in eventi considerazioni azioni che rinnegano la contraddizione, il pensiero e la cultura diversi, esigendo che la differenza pensi e agisca conformemente al modello offerto dall'ideologia -fosse anche quella comunemente detta radicale -del qui dove sono io ora. Voglio prendere a cuore questo rovello che mi scatena scontentezza mentre leggo la parola di chi mi vive abbastanza vicino, di chi vive questo continente, I'Europa, e i suoi rivoli nell'altrove, e ancora vuole parlare per tutti e sogna l'unicità, l'originalità, l'esportazione della propria democrazia senza neanche chiedersi se per gli altri la sua è democrazia.
E poi ecco che nel dono della tregua del tempo esterno a te, quel momento sublime in cui godi l'agio del tempo che scorre in accordo col tuo tempo, rileggi con la consapevolezza dell'oggi La poetica del diverso di Edouard Glissant, come nelle inaugurazioni dei legami profondi, ti doni la gioia di ascoltare la parola che nel passaggio dalla scrittura alla lettura respira, coscientemente lasci che il tuo tutto pensierosentireintravedere segua il ritmo il senso il disegno che si creano nell'incontro.
Incontro che viene favorito proprio dal luogo comune, dal sentirsi a casa nelle parole dell'altro che non sono le tue e tuttavia hanno già compiuto il percorso che porta dal respiro all'articolazione di quel sentire aurorale che veniva dal disagio di stare in un luogotempo della necessità uniformatrice e che balbettava la voglia di pensaresognarevivere differentemente.
I luoghi comuni non sono importanti perché un (altro) pensiero del mondo conferma il mio pensiero o, meglio, anche questo sì, è importante perché mi fa sentire in relazione, ma la straordinarietà del luogo comune è che fa sentire i soggetti o, come dice Glissant, gli enti, in relazione, non isolati, in connessione.
Felicità del luogo comune in una condizione esistenziale in cui l'ente dissidente col mondo grande, per il quale il luogo comune implica perpetuazione immutabile delle idee ricevute, trova nella sua città o magari a diecimila chilometri di distanza, in una metropoli brasiliana o in una isoletta dei Caraibi, in Israele o in Marocco o in India, un pensiero del mondo che non lo fa più sentire sconnesso.
Questa dei luoghi comuni è la prima enucleazione di una poetica della diversità che ha incoraggiato il mio respirare differentemente a farsi enunciazione; il secondo incoraggiamento è venuto da un sentimento comune ai testi che finalmente andavo aprendo, scorrendo, interrogando, che confermavano il mio disagio pluriennale. Come mai, nonostante la globalizzazione dei costumi, per non parlare di quella economica e dei nascenti imperialismi che mentono dicendo di aspirare alla “democrazia” globale, aspirando in realtà al trapianto del sé in ogni dove per perpetuarsi e governare il pianeta, come mai nonostante nella pubblicità un giovane indiano possa ironizzare su se stesso e spiegarci a cosa conduca la sua voglia di possedere un modello di macchina Peugeot - lui che nell'immaginario degli abitanti del luogo in cui si disegna la Peugeot può tutt'al più andare in elefante -come mai nonostante i pensatori i filosofi e spesso anche gli scrittori abbiano elaborato il concetto di differenza, alterità, diversità, creolità, come mai soprattutto in Europa le bibliografie, se volessimo non fermarci alla voce e al testo - che, si sa, sono sempre più originali delle bibliografie-, le bibliografie dei testi di femministe, di filosofi, semiotici, comparatisti, risultano ancora oggi inevitabilmente affollate di rimandi alle opere della cultura cosiddetta occidentale? Si svela in questo dettaglio un non ancora aperto dialogo con le culture e il pensiero non eurocentrici - con quello atlantico di Gilroy, ad esempio, o arcipelagico di Glissant, o con la dissidenza e disobbedienza femminista ed ecologista delle donne d'origine indiana come Vandana Shiva e Arundhati Roy.
Se pensatori e teorici non eurocentrici come Gilroy o bell hooks o Glissant o Anzaldúa sono intenti, a causa della condizione di postcolonialismo o postsegregazionismo o creolità, a intessere pensieri e parole dell'Occidente con pensieri e parole delle culture complesse entro cui si sono ritrovati a vivere, la nostra Italia che ormai incontra la differenza a ogni angolo di strada, ai concerti, sul lavoro, nelle stazioni, non riesce ancora a prendere in considerazione e ancor meno entrare in rapporto con le lingue, le culture, e tanto meno i soggetti ravvisati come "portatori della diversità".
Si può testimoniare questa trascuratezza attraverso tanti libri.

(da: Introduzione. Sdoganamenti, p. 13-15)

Gianni Fiorito, Camminando nel parco minerali

Gianni Fiorito, Camminando nel parco minerali
foto da: Gianni Fiorito, Bagnoli. Cronaca di una trasformazione. Catalogo della mostra, Napoli, Castel dell'Ovo, marzo-aprile 2002. Milano, F. Motta, 2002, p. 18

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