Città e spazi aperti. Dal verde urbano alle reti ecologiche per la città
Attraverso i principali contributi teorici e alcune delle esperienze di piano paradigmatiche degli ultimi cinquant'anni, questo volume traccia il percorso evolutivo dell'urbanistica italiana rispetto ad un tema a lungo considerato "ai margini" della disciplina: quello degli spazi aperti. Un percorso che, a partire dall'igienismo ambientale di derivazione tardo-ottocentesca, attraverso la cultura dello standard, ha condotto all'affermarsi di processi di governo del territorio fondati sulla conoscenza della complessa trama di relazioni tra contesto fisico-funzionale e contesto ambientale e orientati alla ricerca di compatibilità tra uomo e natura, di equilibri dinamici e non distruttivi tra attività antropiche e risorse naturali. Il percorso delineato lascia emergere spunti, riflessioni e interrogativi, spesso ignorati, sottovalutati o dimenticati: utili e fecondi materiali di lavoro per una prosecuzione del percorso mirata a comporre e integrare le diverse matrici culturali ma anche il ricco bagaglio di metodi, tecniche e strumenti per il progetto degli spazi aperti che l'urbanistica italiana ha messo in campo nel corso di cinquant'anni
(dalla quarta di copertina)
Adriana Galderisi (Napoli, 1961), architetto, è ricercatrice del CNR dal 1998. Dottore di ricerca in Pianificazione e Scienza del Territorio, docente a contratto di Tecnica Urbanistica presso la Facoltà di Ingegneria dell'Università "Federico II" di Napoli. Dal 1990 svolge attività di ricerca presso il Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio dell'Università "Federico II" di Napoli, indirizzando la propria attività alla messa a punto di strumenti per la conoscenza delle relazioni tra ambiente naturale e habitat antropizzato come supporto ad un governo delle trasformazioni urbane improntato a criteri di "sostenibilità". Tra i suoi lavori più recenti: "La riqualificazione dell'ecosistema urbano, in Lezioni di Urbanistica, Giannini Editore, Napoli. 2000; Un approccio integrato al governo delle trasformazioni urbane: l'esperienza del Piano di Zonizzazione Acustica di Napoli, «Urbanistica Dossier», marzo-aprile 2001.
(dalla terza di copertina)
Vera Maone, Forno a calce, particolare
foto da: Vera Maone, Bagnoli. Lo smantellamento dell'Italsider, Milano, Mazzotta, 2000, p. 53
In sintesi, il volume consente di ripercorrere le principali tappe dell'evoluzione della disciplina urbanistica attraverso un tema, quello degli spazi aperti urbani, troppo spesso "ai margini" del dibattito: una "storia minore", spesso tralasciata, ma di grande rilevanza per comprendere il percorso che dall'igiene urbana di matrice ottocentesca ha condotto verso una sempre più stretta integrazione tra urbanistica ed ecologia.
Il lavoro, riaffermando la rilevanza degli spazi aperti nei processi di trasformazione e riqualificazione della città contemporanea, fornisce spunti e riflessioni per ricomporre le contrapposizioni tra approcci quantitativi e qualitativi, tra approcci fisico-spaziali e approcci funzionali, al fine di orientare la ricerca di un equilibrio dinamico tra una domanda di spazi aperti, divenuta composita e non più riconducibile ad una specifica prestazione, e un'offerta che deve risultare anch'essa composita e in grado di adeguarsi, in modo flessibile, all'evoluzione della domanda stessa. In particolare, il percorso evolutivo tracciato distingue una prima fase, databile intorno agli anni Cinquanta, in cui alle aree verdi viene assegnato il ruolo di elementi strategici per il disegno dell'assetto futuro della città: si tratta di un'epoca di forte espansione urbana in cui la cultura e la pratica urbanistica italiane, prevalentemente orientate a guidare la crescita edilizia e infrastrutturale della città sotto la spinta di una crescente pressione demografica, prefigurano un assetto urbano fondato su un teorico equilibrio tra pieni e vuoti. Questa scelta è frutto, da un lato, di una interpretazione in chiave igienico-sanitaria delle aree verdi, di derivazione ottocentesca - che costituisce forse la più rilevante premessa alla costruzione di un moderno approccio ecologico e che focalizza l'attenzione essenzialmente sui ruoli che le aree verdi rivestono nel miglioramento dell'habitat antropizzato - dall'altro, dell'influenza determinante di modelli di crescita urbana importati dalla cultura anglosassone. Ma all'assetto urbano prefigurato "sulla carta" fa riscontro una diffusa genericità delle prescrizioni di piano per le aree libere e una conseguente azione di trasformazione del territorio compiuta in assenza o in difformità dalle prescrizioni di piano. […]
Vengono però poste le basi, le premesse teoriche ed operative per un'evoluzione in chiave "ecologica" della pianificazione: la revisione del concetto di sviluppo, l'avvio delle prime esperienze di pianificazione paesistica conducono al superamento di un approccio in chiave vincolistica al bene naturale nella sua singolarità e all'affermarsi di una visione ecologica del territorio, inteso come complesso sistema di relazioni tra elementi naturali ed elementi di origine antropica.
Alla scala urbana, il definitivo superamento della cultura della crescita pone l'urbanistica di fronte al difficile compito di restituire qualità agli insediamenti.
In tale contesto, gli spazi aperti assumono una duplice valenza: elementi chiave per ridisegnare, ridefinire i legami fisico-spaziali all'interno della città esistente e tra questa e il territorio circostante, elementi strategici di una riqualificazione dell'ambiente che investe l' insieme degli elementi abiotici (acqua, aria, suolo) e biotici (flora e fauna).
Con gli anni Ottanta, quindi, la "questione ambientale", oltre a condizionare dall'interno le nuove tendenze della pianificazione paesistica, entra a pieno titolo nel campo degli studi urbani. La città viene sempre più diffusamente intesa come particolare e complesso ecosistema, seppure caratterizzato da una caotica crescita edilizia e da un uso incontrollato di risorse ed energie necessarie al suo funzionamento.
Le prime esperienze di pianificazione di area vasta comportano, inoltre, l'introduzione e la sperimentazione di metodi e strumenti propri della pianificazione ambientale e danno avvio al lungo e difficile processo di costruzione di linguaggi e forme di comunicazione tra aree disciplinari e professionalità eterogenee, chiamate a concorrere sinergicamente alla definizione di strategie di trasformazione "compatibili" con le caratteristiche del territorio.
Tali premesse trovano una prima applicazione a scala urbana negli anni Novanta, quando si registrano le prime esperienze di pianificazione "ecologicamente" orientata: tali esperienze, integrando urbanistica ed ecologia, sperimentando quindi l'integrazione in ambito urbano tra i metodi e gli strumenti della pianificazione ambientale messi in campo nella pianificazione di area vasta e gli strumenti propri della pianificazione urbanistica, mirano alla rigenerazione dell'ambiente urbano, nelle sue componenti naturali ed antropiche.
(da: Presentazione di Rocco Papa, p. 9-11)
Vera Maone, Torretta portasiviere
foto da: Vera Maone, Bagnoli. Lo smantellamento dell'Italsider, Milano, Mazzotta, 2000, p. 49
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