Il mondo del cibo sotto brevetto
"In assenza di brevetti, il sapere viene condiviso, non tenuto segreto"
Scritto in modo estremamente accessibile, questo libro di Vandana Shiva dimostra con grande concretezza come la questione apparentemente astratta della proprietà intellettuale si stia trasformando in uno strumento finalizzato al saccheggio delle risorse naturali del pianeta da parte delle grandi corporation.
Manipolazione delle forme di vita e dei geni, selezione delle specie agricole, il tutto coordinato da una consapevole strategia adottata dalle grandi organizzazioni transnazionali, volte a impoverire sempre di più le popolazioni rurali del Terzo mondo.
Vandana Shiva, fisica ed economista indiana, dirige il Centro per la scienza, tecnologia e politica delle risorse naturali di Dehra Dun in India. È tra i massimi esperti internazionali di ecologia sociale. Attivista politica radicale e ambientalista, ha vinto il Right Livelihood Award o premio Nobel alternativo per la pace nel 1993, il City of Sydney Peace Prize nel 2010 e il Premio Letterario Firenze per le Culture di Pace 2015. Ha scritto numerosi saggi, alcuni tradotti in italiano, fra cui: Sopravvivere allo sviluppo (Isedi, 1990; Utet, 2002); Monocolture della mente. Biodiversità, biotecnologia e agricoltura scientifica (Bollati Boringhieri, 1995); Biopirateria. Il saccheggio della natura e dei saperi indigeni (Cuen, 1999); Vacche sacre e mucche pazze. Il furto delle riserve alimentari globali (Derive Approdi, 2001); Campi di battaglia. Biodiversità e agricoltura industriale (Ambiente, 2001); Terra madre: sopravvivere allo sviluppo (Utet, 2002); Le nuove guerre della globalizzazione (Utet, 2005); Dalla parte degli ultimi. Una via per i diritti dei contadini (Slow Food, 2007); India spezzata (il Saggiatore, 2008); Ritorno alla Terra. La fine dell’ecoimperialismo (Fazi, 2009); Semi del suicidio (Odradek, 2009). Con Feltrinelli ha pubblicato: Il mondo sotto brevetto (2002), Le guerre dell’acqua (2003), Il bene comune della Terra (2006), Fare pace con la Terra (2012), Storia dei semi ("Kids", 2013), Chi nutrirà il mondo? Manifesto per il cibo del terzo millennio (2015).
(dalla quarta di copertina)
Vandana Shiva
foto da: www.dirittiglobali.it
Al giorno d'oggi la ricchezza delle nazioni non risiede più nella terra e nell'oro, bensì nel sapere. La proprietà di fabbriche, riserve minerarie, immobili e oro viene rapidamente sostituita dalla proprietà di prodotti dell'ingegno o "proprietà intellettuale". I brevetti che trattano il sapere come "proprietà" non perdono la loro natura di strumento di colonizzazione. Se le guerre coloniali del passato venivano combattute sul territorio vero e proprio, la colonizzazione odierna si fonda su una guerra condotta sul terreno intellettuale.
Due sono stati i fondamentali cambiamenti che hanno conferito alla questione dei brevetti e della "proprietà intellettuale" un'importanza centrale ai fini della riorganizzazione dei sistemi economici. Questi mutamenti relativi all'indirizzo, al significato e agli effetti dei brevetti e delle leggi che li regolano hanno a loro volta dato origine a conflitti tra diversi paesi, tra governi e opinione pubblica, tra imprese e cittadini. In primo luogo, gli imperativi della crescita economica e dell'accumulazione del capitale hanno spinto i paesi industrializzati verso la ricerca di mercati globali. Essi, perciò, hanno cercato di assicurarsi l'accesso al mercato globale mediante accordi sul libero commercio come l'Uruguay Round del Gatt (ora inglobato nel Wto). In secondo luogo, importanti paesi industrializzati come gli Stati Uniti hanno visto declinare il loro predominio nel campo della produzione a favore di altri paesi. Negli anni ottanta, il deficit della bilancia commerciale statunitense ammontava a 150 miliardi di dollari. La supremazia americana era minacciata dalla concorrenza del Giappone e di altri paesi di recente industrializzazione. Gli Stati Uniti decisero, allora, di conservare la propria posizione dominante trasformando la proprietà intellettuale e i brevetti nello strumento fondamentale per la propria crescita economica e per il controllo del commercio mondiale e dei mercati internazionali.
I brevetti sono diventati il patrimonio più consistente degli Stati Uniti, una voce di importanza crescente nel settore dell'esportazione. Nel 1947 la proprietà intellettuale copriva poco meno del 10% delle esportazioni complessive statunitensi. Nel 1986 questa componente era cresciuta fino al 37%, per superare il 50% nel 1994.
Tuttavia, il commercio del sapere in quanto proprietà può aver luogo solo se tutti i paesi possono essere indotti a riconoscere questa forma di proprietà e a creare leggi in materia compatibili con quelle statunitensi. Nel 1987, le industrie statunitensi del software e del settore farmaceutico hanno fatto pressione sull'amministrazione Reagan affinché fosse studiata la potenziale espansione dei mercati sottoposti al controllo degli Stati Uniti, nel caso in cui altri paesi avessero adottato leggi analoghe a quelle americane. Questi mercati potenziali venivano considerati come una perdita dall'economia nazionale statunitense, dovuta al fatto che gli altri paesi avevano leggi sui brevetti diverse da quelle degli Stati Uniti. La US International Trade Commission stimò tale "perdita" tra i 43 e i 61 miliardi di dollari annui. Se tutti i paesi fossero stati costretti ad adottare leggi sui brevetti simili a quelle americane, il disavanzo commerciale si sarebbe significativamente ridotto.
Fu così che la questione della proprietà intellettuale venne inserita nell'agenda del Gatt e l'accordo sui diritti di proprietà intellettuale legati al commercio (trips) sottoscritto in sede Wto divennero il punto di riferimento delle leggi sui brevetti in tutto il mondo. L'introduzione capillare, quindi, di leggi sui brevetti e sulla proprietà intellettuale conformi a quelle statunitensi divenne l'obiettivo prioritario delle potenze occidentali. Tale obiettivo era anche legato ai mutamenti in atto a livello tecnologico. Non erano più le macchine e le molecole, infatti, le nuove invenzioni capaci di guidare sviluppo e crescita economica, bensì le tecnologie dell'informazione e le biotecnologie. Anche i brevetti sulle macchine e sulle sostanze chimiche avevano dato luogo a conflitti fra diritti dei privati e diritti dei cittadini. Ma i brevetti sulle forme di vita, portati alla ribalta dall'avvento delle biotecnologie, hanno generato nuovi conflitti legati a questioni etiche e all'impatto ecologico ed economico.
Anche i brevetti su prodotti e procedimenti derivati da risorse biologiche e organismi viventi sollevano la questione di chi sia il pirata e chi l'innovatore, dato che spesso a essere brevettato è il sapere indigeno, e l'innovazione, in realtà, non è che conoscenza tramandata da generazioni. Inoltre, come l'era del combustibile fossile lascia il posto all'era della biologia, così i brevetti sul vivente diventano lo strumento per controllare sia le materie prime sia i mercati del Terzo mondo.
(da pag. 20-22, Brevetti e controllo dell’economia globale)
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