La lunga guerra per l'ambiente

Gruppo 2019
Autore Elena Croce
Editore La scuola di Pitagora, Napoli
Anno 2016

Indice: Introduzione: «Concentrarsi sulla speranza»: Elena Croce fra istituzioni e re­sistenza civile di Salvatore Settis; Avvertenza editoriale; I Nascita di un mo­vimento; II II sentimento "trasferito" della proprietà; III La disputa sui centri storici; IV L'Arcadia chiaroveggente; V Politica del territorio e paure del "museo"; VI Campionario meridionale (dalla Valle Caudina alla cintura di Na­poli); VII Dai comuni vesuviani alla Lucania; VIII Manomissione di una ri­serva intatta: l'Abruzzo; IX La regione sacrificata; X Gli strumenti della difesa; Nota; Appendice: Relazione al disegno di legge «Per la tutela delle bel­lezze naturali e degli immobili di particolare interesse storico» di Benedetto Croce; Postfazione: Una lunga storia per l'ambiente di Alessandro Caputi e Anna Fava.

(dalla quarta di copertina)

Elena Croce                       Elena Croce 
                       
foto da: http://www.fondazionebenedettocroce.it/it/55/archivio-di-elena-croce

Elena Croce (Napoli, 3 febbraio 1915 -Roma, 20 novembre 1994) è stata scrittrice, traduttrice, fondatrice e animatrice di ri­viste culturali fra cui «Aretusa», «Lo Spet­tatore Italiano» e «Prospettive Settanta». A partire dal secondo dopoguerra è stata uno dei punti di riferimento per il movi­mento di difesa dell'ambiente in Italia e figura di spicco della cultura italiana. Ha seguito negli anni l'attività dell'Istituto Italiano per gli Studi Storici, fondato nel 1946 da Benedetto Croce. Fra le istitu­zioni culturali a cui ha dato vita ricor­diamo la fondazione di Italia Nostra, av­venuta nel 1955, insieme a Umberto Zanotti Bianco, Desideria Pasolini dal­l'Onda, Hubert Howard, Giorgio Bassani e Pietro Paolo Trompeo, nel 1969, assieme alla sorella Alda, Mario De Cunzo e An­tonio Iannello, quella del Comitato per la difesa dei beni culturali e ambientali di Napoli e della Campania, e nel 1975, quella dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici insieme a Enrico Cerulli, Gio­vanni Pugliese Carratelli, Pietro Piovani e Gerardo Marotta. Nello stesso anno, pur non figurando tra i suoi fondatori, diede impulso alla nascita del Fondo ambiente italiano (Fai) fondato da Renato Bazzoni e Giulia Maria Mozzoni Crespi.

Tra le sue opere ricordiamo: Poeti e scrit­tori tedeschi (Laterza, 1951), Ricordi fa­miliari (Vallecchi 1962; Adelphi 1979), Lo snobismo liberale (Mondadori 1964; Adel­phi 1990), in collaborazione con la sorella Alda, Francesco De Sanctis (Utet 1964), L'infanzia dorata (Adelphi 1966; Adelphi 1979), Silvio Spaventa (Adelphi 1969), In visita (Mondadori 1972), Periplo italiano (Mondadori, 1977), Due città (Adelphi 1985). Tra le sue traduzioni: Geoffrey Scott, L'architettura dell'umanesimo. Con­tributo alla storia del gusto (Laterza 1939), Herbert Lionel Matthews, I frutti del fa­scismo (Laterza 1945) Jean Paul Richter, Siebenkas (Laterza, 1948), Adam Mickie-wicz, / sonetti di Crimea (Adelphi 1977), Christoph Martin Wieland, Oberon (Riz-zoli 1993). Recentemente è stato pubbli­cato, a cura di Elena Laurenzi, il carteggio tra l'Autrice e Maria Zambrano, A presto, dunque, e a sempre (Archinto 2015).

(dalla terza e quarta di copertina)

Elena CroceAugusto De Luca, Ritratto di Elena Croce
foto da: https://www.wikiwand.com/it/Elena_Croce

 

La figura, diremmo oggi, di attivista ambientale in Elena Croce fa sistema con la sua personalità di intellettuale, con la sua attività di umanista, di scrittrice, di traduttrice, di direttrice e promotrice di riviste culturali. Nella distruzione del territorio dovuta alla specula­zione edilizia - peggiore di un bombardamento bellico - Elena Croce rinveniva un problema di natura culturale collegato all'avanzata di quel secondo fascismo dei consumi di massa, come l'ebbe a definire Pier Paolo Pasolini, ancor più insidioso e pervasivo del precedente. A favorire la razzia di edifici storici, borghi, valli, campi coltivati, litorali immacolati, piccole e grandi architetture, c'era un fenomeno di costume diffuso su larga scala: la dittatura di un gusto che ergeva a simboli del benessere «i consumi di lusso, la seconda e terza casa, la falsa prosperità associata a un falso progresso sociale, che veniva irresponsabilmente prospettata e offerta» alle nuove masse. Una dittatura subdolamente imposta da una «micidiale speculazione che ha promosso quelle offerte e quei consumi, sino a portare il massimo danno alla dignità, prima che estetica, umana». Le aggressioni da un lato al paesaggio e alla natura, e dall'altro alla cultura e all'umanità, sono parte di una medesima dinamica la cui ori­gine, ella spiega in un'intervista rilasciata nel 1979 alla rivista «Critica sociale», risale a «un'esperienza drammatica per tutta l'umanità», che «non poteva non lasciare segni» permanenti nella società: la ferita prodotta nella psiche dalla distruzione, su scala industriale, di milioni di vite umane con la «rivelazione mostruosa del progetto di genocidio». Parimenti, ella avvertiva come anche la parte più colta e attenta della società stentasse a riconoscere le reali proporzioni della deriva morale e la rapa­cità del nuovo blocco sociale, sorto in Italia all'indomani della Seconda guerra mondiale e consolidatosi con il nuovo ordine economico degli anni Sessanta e Settanta. Un blocco sociale, composto da mafie, imprenditoria e apparati politici corrotti, che, silenzioso e indisturbato, stava dilaniando contemporane­amente tessuto culturale e trama territoriale, memoria storica e paesaggio. Questa riluttanza nel prendere coscienza del pro­fondo stato di degrado civile e culturale del Paese ricorre spesso all'interno delle sue opere. Ella scrive ne La lunga guerra per l'ambiente: «via via che ci addentravamo negli anni Cinquanta, cresceva la sensazione che in realtà stavamo coprendoci gli occhi per paura di vedere, di misurare la prospettiva che si stava pro­filando». All'indomani della guerra, infatti, «non si era ancora in grado di misurare l'entità del danno che già si era portato all'urbanistica cittadina, e al territorio», e ai più non era ancora ben chiaro che «quella forma di vandalismo moderno che si praticava mediante l'edilizia di rapina, già stava configurandosi come una dittatoriale economia di "sviluppo"». Uno "sviluppo", ella sottolineava, «di cui pochi potevano misurare appieno l'irresponsabilità anche se il rapporto fra un potere sempre più avido di se stesso e un mercato di formule tecnologiche sempre più inflazionato di valuta dubbia, diventava di giorno in giorno meno rassicurante»...

Cronache, storie, narrazioni del movimento ambientalista sono strumenti indispensabili per chi intende dedicare a questi temi il proprio studio e il proprio impegno civile. Il racconto appassio­nato di Elena Croce, insieme all'analisi di Antonio Cederna ne Lo sfacelo del Bel Paese e al quadro delineato da Giorgio Nebbia nei due articoli editi ne La contestazione ecologica. Storia, cronache, narrazioni, editi all'interno della collana Pan, traccia un ampio pa­norama di quello che è stato il movimento di difesa dell'ambiente in Italia nel Secondo dopoguerra. (da pag. 230-232 e 250, Postfazione: Una lunga storia per l’ambiente di Alessandra Caputi e Anna Fava).


 

Collegamenti

  1. Elena Croce, l'attivismo e l'ambientalismo civile
  2. Un mondo a parte
  3. Elena Croce da Wikiwand
  4. Elena Croce Italia Nostra
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