Fare pace con la terra
"Questo libro documenta la guerra in atto contro la Terra e i suoi abitanti, ma anche la lotta in sua difesa, per il diritto dei popoli a godere del suolo e dell'acqua, delle foreste, delle sementi e della biodiversità. Spiega come le nostre residue speranze di sopravvivenza dipendano dal passaggio a un paradigma basato su un'economia, una politica e una cultura della Terra. Fare pace con la Terra è un imperativo per la sopravvivenza e per la libertà."
(dalla quarta di copertina)
Vandana Shiva (1952) è una attivista e ambientalista indiana. Nel 1993 ha ricevuto il Right Livelihood Award, il premio Nobel alternativo. Laureatasi in fisica in Canada sulla teoria quantlstica, successivamente si è occupata di ricerca interdisciplinare all'Indian Institute of Science e all'Indian Institute of Management di Bangalore. Nel 1982 ha fondato il Research Foundation for Science, Technology and Natural Resource Policy. Si è battuta per cambiare pratiche e paradigmi nell'agricoltura e nell'alimentazione; si è occupata anche dei diritti sulla proprietà intellettuale, di biodiversità, biotecnologie, bioetica, ingegneria genetica e altro. Attualmente è vicepresidente di Slow Food e collabora con la rivista di Legambiente "La Nuova Ecologia". Tra i suoi numerosissimi lavori, ha pubblicato per Feltrinelli-. Il mondo sotto brevetto (2002); Le guerre dell'acqua (2004); Il bene comune della Terra (2006).
Vandana Shiva è diventata una delle più importanti testimonial delle lotte per la difesa dell'ecosistema, contro il saccheggio delle risorse naturali che le grandi corporation da tempo perseguono, senza alcun rispetto per le popolazioni né per i luoghi. È una logica drammatica che sta facendo precipitare il nostro pianeta verso una situazione di non ritorno, contro cui si oppone il sapere antico, connesso con la natura e il suo ciclo, delle popolazioni indigene. L'aggressiva politica delle corporation negli ultimi anni ha fatto un salto di qualità. Le multinazionali sempre più ricorrono all'uso strutturato della forza, trasformando in senso regressivo i paesi in veri e propri stati militarizzati corporativi - come testimoniano quanto sta accadendo nelle zone tribali indiane e l'arresto di numerosi ambientalisti e difensori dei diritti umani.
Contro questo, in tutto il mondo si sta formando un'altra consapevolezza che pone al centro i diritti di Madre Terra. In pieno caos, con coraggio e tanto amore, la gente comune, dal basso, sta costruendo una nuova visione del pianeta. Questo libro fa il punto proprio sullo scontro in atto tra le due opposte concezioni del mondo.
(dalla terza e quarta di copertina)
Vandana Shiva, foto di Stefania D'Alessandro
foto da: wwwtheguardian.com
I problemi ecologici ed economici con cui siamo alle prese hanno origine da una serie di sviluppi riduzionistici che hanno condizionato la nostra immaginazione e la nostra identità, il nostro approccio alla terra e gli strumenti da noi impiegati per soddisfare i nostri bisogni. Siamo innanzitutto cittadini della Terra. La cittadinanza planetaria ha bisogno di culture incentrate sulla Terra, una democrazia basata sulla Terra, economie fondate sulla Terra. In Il bene comune della Terra ho parlato, a questo proposito, di culture, democrazia ed economie viventi.La salvaguardia e il rinnovamento della vita, il benessere di tutti i viventi sono l'obiettivo, il fine ultimo delle culture e delle economie incentrate sulla Terra.
"Progresso" e "crescita" sono le finalità di una vita organizzata secondo il paradigma economico dominante. I calcoli meccanici, capaci solo di misurare la crescita del denaro, stanno distruggendo la natura e la società. La società e la cultura sono state ridotte a economia; l'economia è stata ridotta a economia di mercato, che a sua volta è stata ridotta a finanza, la quale si riduce oggi a strumenti astratti come i derivati, la cartolarizzazione, le CDO.
Al contempo, la comunità della Terra è stata ridotta a comunità umana; gli uomini, in quanto cittadini del pianeta e dunque portatori di diritti e doveri, sono stati soppiantati dalle corporation, prive di doveri nei confronti della Terra o della società, ma titolari di diritti di sfruttamento illimitati. Alle corporation è stata conferita personalità giuridica; i loro diritti stanno oscurando quelli del pianeta e delle persone a godere dei doni e delle risorse della Terra; i diritti delle corporation allo sfruttamento delle risorse, poi, si basano sul presupposto della massimizzazione dei profitti.
Le multinazionali utilizzano due strategie per massimizzare i profitti: la prima consiste nel trasferire la produzione dalle comunità locali a lontane corporation globali; sostituire la biodiversità con prodotti tossici; imporre alla popolazione il consumo di prodotti insalubri e non rinnovabili, dagli alti costi e dai prezzi ridotti. La seconda consiste nel creare strumenti per l'accumulazione della ricchezza: si misura il benessere in termini di capitale, ma ci si mostra del tutto indifferenti nei confronti della ricchezza ambientale e sociale. Oppure si valuta la crescita in termini di PIL e pnl. L'anima della seconda strategia di massimizzazione dei profitti è la privatizzazione dei beni naturali, della biodiversità, dell'acqua, persino dell'atmosfera.
Spesso e volentieri gli strumenti tecnologici ed economici di appropriazione della ricchezza vanno di pari passo, rafforzandosi reciprocamente. Tecnologie sempre più sofisticate sono utilizzare per creare diritti di proprietà sulla natura: è il caso delle biotecnologie e dell'ingegneria genetica e del ricorso a brevetti sui semi della biodiversità. O anche delle dighe, innalzate per deviare i corsi d'acqua e privatizzarli.
La globalizzazione ha imposto un modello di umanità monca, spogliata della propria diversità culturale e dell'appartenenza a una matrice comune e universale, matriche che - come ho evidenziato nel mio libro // bene comune della Terra - ci deriva dall'affilazione alla comunità della Terra.
Il denaro è ormai un'unità di misura inadatta a calcolare il benessere e la ricchezza per almeno due ragioni. Primo, non riflette la distruzione ecologica e la disgregazione sociale che, in base ai parametri della moneta e della finanza, sono fenomeni esterni allo sviluppo. Secondo, il denaro non rispecchia più le risorse, i beni e i servizi che produce. Ha acquisito vita propria; può riprodursi e moltiplicarsi in modo del tutto slegato dalla ricchezza reale della natura e della società...
Vandana Shiva
foto da: www.per.umbria.it
Donne, ecologia e valore economico
Ecologia, economia e questioni di genere sono strettamente associate al concetto di "casa" come metafora.
Il focolare domestico era in origine la metafora dell'economia, dal greco oikos, che si riferiva alla casa di famiglia e a tutte le attività a essa collegate.
Nel 1988 Ernest Herschel, il famoso discepolo tedesco di Darwin, coniò il termine "ecologia" (dalla stessa radice oikos) in riferimento alla scienza delle relazioni degli organismi viventi con il mondo esterno: habitat, abitudini, energia ecc.
Prima che emergessero i modelli patriarcali moderni di "economia", si dava per scontato che le attività economiche di un paese fossero concepite semplicemente come estensioni del bilancio familiare. In modo simile, il termine "ecologia" suggeriva che gli organismi viventi della terra formassero un'unità economica somigliante a una famiglia unita.
Quando la "casa" era metafora dell'ecologia e dell'economia, non esisteva una divisione gerarchica tra la produzione domestica e quella di beni da commerciare, e nemmeno tra economia della natura, del sostentamento e di mercato.
Tuttavia, i modelli economici moderni hanno ripensato la metafora della casa, che ha smesso di essere modello di organizzazione economica. La casa è stata separata dall'economia e ridefinita come "assenza di economia".
Analogamente, anche la divisione del lavoro tra i generi è stata ridisegnata: le donne a casa e gli uomini fuori, nel mondo del lavoro, mentre quando l'economia era un'estensione della casa, i due generi collaboravano attivamente in entrambi i campi.
A livello sociale, questo fenomeno ha portato a ciò che Maria Mies ha definito la "casalinghizzazione" dell'economia domestica. Secondo i modelli economici patriarcali, la produzione nella casa e per la casa, oltre che per i bisogni della famiglia, è considerata "non produzione". La trasformazione di valore in disvalore, del lavoro in non lavoro, del sapere in non sapere, si è ottenuta con due potenti "istituzioni": il confine della produzione e quello della creazione…
Oltre la "democrazia del libero mercato": creare libertà e democrazia reali
Negli ultimi tempi la libertà è stata venduta come "democrazia del libero mercato", tuttavia i mercati liberi non fanno che dare alle multinazionali la libertà di sfruttare ciò che vogliono, dove e come desiderano. Al contempo, libero mercato spesso significa la fine della libertà per le persone e la natura. "Democrazia della libertà" è di fatto un ossimoro che ci ha fatto credere che la deregolamentazione delle multinazionali significasse libertà per noi.
Allontanare gli strumenti della crescita dalla realtà crea necessariamente varie "bolle": immobiliare, alimentare, dei terreni. Proprio come l'illusione della crescita e la finzione della finanza hanno reso l'economia volatile e imprevedibile, la finzione della multinazionale come persona giuridica ha sostituito i cittadini, rendendo la società sempre più instabile e meno sostenibile. Gli umani, cittadini della Terra con doveri e diritti, sono stati rimpiazzati dalle multinazionali, che non hanno doveri nei confronti della Terra né della società, ma solo il diritto illimitato di sfruttare sia la Terra sia i popoli. Alle multinazionali è stato attribuito lo status di persona giuridica, e i loro diritti non hanno fatto che estinguere i diritti del pianeta, oltre ai diritti delle persone sui doni e sulle risorse della Terra. La premessa dei diritti delle multinazionali è la massimizzazione dei profitti.
Anche se le multinazionali non sono persone, vengono riconosciute per legge come tali, un espediente per avere diritti e al contempo strappare ai popoli i reali diritti umani. Le multinazionali riescono sempre a espandere i propri "diritti umani": possono trasformare la biodiversità in "proprietà intellettuale", creando leggi come l'accordo trips (Trade Related Intellectual Property Rights) del WTO. Possono diventare proprietarie di acqua e fiumi, dell'aria, del ciclo e del carbonio nell'atmosfera. Possono persino appropriarsi e vendere i servizi ecologici della natura grazie all'economia verde. La democrazia dovrebbe essere fatta dalle persone, per le persone e con le persone.
Creare una vera libertà e democrazia significa:
1) riconoscere che siamo parte della Terra, e che la cittadinanza della Terra è il nostro tratto umano più elevato. Come scrisse Tagore: "II problema che abbiamo di fronte è un unico paese, la Terra, dove le razze, come individui, devono trovare sia la libertà di espressione sia il legame come federazione. L'umanità, ora più che mai, deve essere più unita, mostrare sentimenti più profondi e avere ancora più forza" [Rabindranath Tagore, An Eastem University, MacMillan & Company, London 1962, p. 189];
2) riconoscere che, riducendo le pressioni sulla terra e sperimentando il nostro legame con essa, contribuiamo alla nostra felicità e alla nostra liberazione.
(da pag. 241-242, 263-264, 268-269, Oltre la crescita: creare ricchezza e benessere veri per mezzo di economie viventi)
Collegamenti