Vademecum per la biodiversità quotidiana. Manuale per seed savers: custodire sul balcone e nell'orto semi e piante dimenticate

Gruppo 2019
Autore Chiara Spadaro
Editore Altreconomia, Milano
Anno 2013

Diventare seed savers, ossia contadini custodi di semi e piante biodiverse è un gesto "poetico" ma concreto. Questo libro vi spiega come coltivare la biodiversità, dalla terra alla tavola.
Tutti possiamo essere custodi della "diversità" di semi e piante, sul nostro balcone o sul davanzale o nell'orto. Ma anche nella nostra cucina, attraverso le scelte alimentari quotidiane.

Questo libro è un manuale di biodiversità domestica che spiega:

• dove acquistare o scambiare i "semi dimenticati",
• come coltivare piante di varietà "perdute" sul proprio balcone o nell'orto di casa, con le tecniche di base e gli esempi pratici
• dove incontrare e conoscere le realtà e le comunità che promuovono gli scambi dei semi e si battono per la loro salvaguardia
• la lista della "spesa biodiversa", dai mercati contadini ai gruppi di acquisto solidali, per la propria "sovranità alimentare"
• come promuovere e sostenere le economie alimentari locali.

Con le storie straordinarie e una "mappa" dei seed savers in Italia.

Chiara Spadaro è giornalista ambientale e antropologa. È autrice di "II frutto ritrovato" (2010), "Adesso pasta!" (2011, vincitore nel 2013 del premio del Museo nazionale delle paste alimentari) e "Piccolo è meglio" (2012) per Altreconomia edizioni. Nel 2013 ha vinto i premi di giornalismo Penna d'oca, Alfa Menegazzo e l'Agricoltura civica award.

(dalla quarta di copertina)

granofoto da: www.laboulangeriepatisserie.it

Di pagine sulla biodiversità ne sono state scritte molte, ma noi scegliamo di farci accompagnare in questo viaggio dalla memoria di due storici scienziati, padri della biodiversità agricola: il russo Nikolaj Ivanovic Vavilov e lo statunitense Edward Wilson.

Il primo a intuire che il futuro del cibo dipende dai "minuscoli semi dei campi di tutto il mondo" fu il botanico e genetista russo Nikolaj Ivanovic Vavilov, nato a Mosca nel 1887. A lui, la Rete semi rurali ha dedicato una scheda nel primo notiziario dell'associazione (giugno 2011, in pdf sul sito www.semirurali.net). Si legge: "A capo di un grandioso programma teso a far fronte alla grave situazione agricola russa nei primi decenni del XX secolo, Vavilov partì dal presupposto che per migliorare i rendimenti delle colture agrarie fosse necessario arricchirne la base genetica e poi operare la selezione". Dal 1925 Vavilov guidò un centinaio di spedizioni in diverse zone agricole di 65 Paesi del mondo. Con il proposito di raccogliere in Russia il germoplasma delle principali colture, fondò l'Istituto pansovietico di coltivazione delle piante, dove coltivare ortaggi, frutti e cereali, studiare la variazione del rapporto fra ambiente e piante, comparare le tecniche di coltivazione dei sistemi agricoli di diversi paesi. Condannato da Stalin per le sue idee scientifiche, nel 1940 fu arrestato: morirà nel 1943 nella prigione russa di Saratov. Resiste il patrimonio dell'Istituto di botanica (a San Pietroburgo, www.vir.nw.ru ), che dal 1967 è dedicato alla memoria di Vavilov e con oltre 400mila varietà, pari al 10% delle piante coltivate del pianeta - rappresenta oggi la più antica banca dei semi esistente al mondo.

Alcuni decenni più tardi, dall'altra parte del mondo, il primo a definire la biodiversità fu Edward Wilson, entomologo statunitense classe 1929, autore nel 1992 del libro The diversity of life (tradotto l'anno successivo in Italia con il titolo La diversila della vita). Nel glossario alla fine del libro, alla voce "biodiversità" si legge: "La varietà degli organismi a tutti i livelli, da quello delle varianti genetiche appartenenti alla stessa specie fino alla gamma delle varie specie, dei generi, delle famiglie e ai livelli tassonomici più alti; comprende anche la varietà degli ecosistemi, ossia la varietà delle comunità degli organismi presenti in un particolare habitat, e delle condizioni fisiche in presenza delle quali essi vivono". E se la biodiversità è la variabilità delle forme di vita, la diversità dei sistemi agricoli coltivati di un ecosistema viene chiamata agrobiodiversità. Alla base di questi concetti ci sono le sementi - dalla parola greca kòkkos, che indica ogni tipo di seme.

semiLa visita al campo catalogo dei cereali nella ferme du Hayon, in Belgio
foto da: www.altreconomia.it

Il "Manifesto sul futuro dei sei" (disponibile in pdf sul sito dell'Arsia Toscana, www.arsia.toscana.it), redatto nel 2006 dalla Commissione internazionale per il futuro dell'alimentazione e dell'agricoltura, guarda a "un'agricoltura sostenibile, alla sovranità alimentare, alla biodiversità e alla agrodiversità", attraverso la difesa dei "diritti degli agricoltori di salvaguardare, condividere, utilizzare e migliorare le sementi" e il potenziamento della nostra "capacità collettiva di adattarsi ai rischi e alle incertezze del cambiamento ambientale ed economico".

Due sono i pilastri del Manifesto sul futuro dei semi: la diversità e la libertà. La prima si riferisce alla diversificazione delle sementi e dei sistemi agricoli, ma anche dei rapporti tra consumatore e produttore in un'ottica di vicinanza e collaborazione, come ci insegnano i Gruppi d'acquisto solidali. Allo stesso tempo, i coltivatori devono essere liberi di salvaguardare le sementi, autoprodurle e condividerle. Le varietà colturali, infatti, non possono più essere considerate "materia prima su cui arrogarsi diritti di brevetto e di proprietà intellettuale". Le sementi devono essere libere. Libertà, infine, è anche la possibilità di scegliere di coltivare la terra naturalmente, senza pericoli di contaminazioni genetiche e da Organismi geneticamente modificati (Ogm). Aggiungiamo un terzo pilastro - suggerito già da Edward Wil-son - ovvero la comunità. La biodiversità di cui scriviamo in queste pagine è relazionale, resa possibile dall'intreccio di saperi e dalla messa in comune di conoscenze e pratiche agricole su piccola scala. Attorno a questa socialità biodiversa nascono nuove comunità, che si alimentano di uno scambio rispettoso tra la madre terra e i suoi abitanti …

Negli ultimi decenni la perdita di "diversità" in campo è stata enorme, e si è ridotto il numero di specie e varietà coltivate: è una conseguenza del fatto che l'agricoltura industriale sceglie e commercializza le varietà, sia ortive che agrarie, in base a criteri di maggiore produttività e massimo profitto. L'Ispra, l'ente governativo per la protezione e la ricerca ambientale, www.isprambiente.gov.it , afferma nell’Annuario dei dati ambientali" (luglio 2013) che sul 40% dei 12,9 milioni di ettari di Superficie agricola utilizzata (Sau) in Italia si coltivano 6 sole colture: frumento, olivo, mais, vite, orzo e riso. E sottolinea: "Queste stesse colture sono state soggette a un preoccupante grado di erosione genetica, con l'abbandono di varietà locali a vantaggio di genotipi commerciali più produttivi".

(da pag. 11-15, Che cosa è la biodiversità e perché è importante preservarla)


Collegamenti

  1. Chiara Spadaro 
  2. Vademecum per la biodiversità quotidiana
  3. Intervista Chiara Spadaro
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